Per ridurre il gender gap nelle STEM è necessario rovesciare gli stereotipi di genere.
“Voglio studiare l’energia rinnovabile!”. Se n’è uscita con questa dichiarazione di intenti Francesca, che fin dalle superiori aveva deciso di voler cambiare il mondo, nel suo piccolo, dando vita a nuove soluzioni per contrastare il riscaldamento globale. Non sapeva ancora quale percorso avrebbe fatto al caso suo ma, dopo aver studiato i siti web delle varie università in giro per l’Italia, lo ha trovato: meno di un anno dopo era seduta in aula insieme ad altre decine di studenti, iscritta ufficialmente a ingegneria energetica. Non era circondata da tante ragazze, questo lo ha notato subito: si potevano letteralmente contare sulle dita di una sola mano. Questo però non l’ha scoraggiata, anzi, piuttosto le ha permesso di riflettere su questa minoranza e chiedersi: come mai siamo così poche? Giovanna, ex studentessa di ingegneria elettronica, ha vissuto la stessa situazione.
La loro impressione, seppur soggettiva, è confermata anche dai dati raccolti negli ultimi anni da tutte le università e che servono proprio ad analizzare la situazione e a cercare una risposta a questa fatidica domanda.
STEM e gender gap: cosa dicono i dati?
L’ultima indagine sul Profilo dei laureati con un focus sul gender gap svolta dal consorzio Almalaurea mette in evidenza la diversa composizione per genere tra i laureati STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics): la componente maschile è infatti più elevata e raggiunge il 59,1%, rispetto al 40,9% di quella femminile, in particolare tra i gruppi Informatica e tecnologie ICT e in quello di Ingegneria industriale e dell'informazione, dove la presenza maschile supera i due terzi. Questo ha portato all’instaurarsi nel tempo di un circolo vizioso tale per cui meno donne ci sono, meno il corso viene percepito come adatto a loro e, di conseguenza, meno donne attirerà. Oggi si trovano sempre meno corsi di ingegneria composti esclusivamente da uomini, ma è un dato di fatto che sono prevalentemente ancora loro a popolare le aule degli ambiti più tecnici.
La ridotta rappresentanza femminile ha portato nel tempo al rafforzamento della percezione che l’ingegneria non sia un campo adatto alle donne, creando un vero e proprio stereotipo culturale: le donne sono meno “inclini” ai ruoli tecnico-scientifici e più adatte ai contesti legati alle scienze della vita, dell’accudimento e della formazione. L’affluenza ai corsi di studio, non a caso, ricalca perfettamente questo tipo di dinamica. Ma si tratta, appunto, di un circolo vizioso che dovrebbe essere, in qualche modo, interrotto.
In questo senso la rappresentazione gioca un ruolo molto importante, perché ognuno di noi, soprattutto se giovane, cerca punti di riferimento e persone cui ispirarsi nel momento in cui si è chiamati a fare una scelta importante come quella del percorso universitario. E la quantità di donne che hanno alle spalle un percorso di carriera in ambito ingegneristico, fortunatamente, sta aumentando. Fondamentale è anche parlarne e farle conoscere, affinché possano fungere da modelli di ruolo per le future generazioni.
Stereotipi di genere vs realtà nelle STEM
A scalfire lo stereotipo che vede le donne meno adatte alle materie tecnico-scientifiche, però, concorrono diversi dati, tra cui uno molto importante che emerge dalle statistiche relative ai corsi di laurea. Le donne sono presenti in numero minore nell’ambito STEM, ma sono più brave degli uomini: escono con un voto medio di laurea più alto (104.2 su 110, rispetto al 102.3 degli uomini) e dimostrano una migliore riuscita in termini di regolarità negli studi (tra le donne il 57.6% ha concluso gli studi nei tempi previsti rispetto al 53.0% degli uomini).
Ma gli stereotipi non si creano dal nulla, spesso affondano le proprie radici già nei primi anni di vita: un momento delicato nel quale si forma la percezione di sé e delle proprie capacità, nonché delle possibilità che si avranno, come futuri adulti e adulte, di posizionarsi nel mondo, lavorativo e non. Una ricerca di OpenPolis che ha indagato su come gli stereotipi incidono nei processi di apprendimento, riporta che la quota di quindicenni maschi che prevedono di diventare scienziati o ingegneri è doppia rispetto alle coetanee individuate come più performanti in matematica: le ragazze, quindi, seppur con ottimi risultati in matematica e scienze, hanno minori aspettative professionali in questi campi. Nelle rilevazioni Ocse-Pisa, inoltre, è emerso che i genitori sono più propensi a pensare che i figli maschi, piuttosto che le figlie, lavoreranno in un campo scientifico, tecnologico, ingegneristico, anche a parità di risultati nelle materie STEM. Questo si riflette, però, anche sui risultati che le bambine raggiungono, rispetto ai propri compagni: il divario maggiore, secondo i dati Invalsi del 2020-2021, si raggiunge in quinta elementare, con 13 punti di differenza sui punteggi ottenuti nei test.
Diversa, o meglio quasi opposta, è invece la percezione delle professioni di cura ed educazione come fortemente adatte alle ragazze e per nulla ai ragazzi: qui, infatti, l’egemonia del genere femminile è ben salda e poco incline ad essere discussa, sia nei corsi di laurea, nei risultati e nelle professioni.
Anche i media hanno un ruolo importante in questa narrazione. Dopotutto, la maggior parte delle persone che fanno scienza vengono rappresentate nei film e nelle serie TV con un fenotipo ben preciso: nerd, poco attente alla cura del proprio aspetto fisico e con una scarsa vita sociale. La stessa sorte che tocca spesso anche ai piccoli geni in classe, ritenuti di grande intelletto ma poco “popolari”.
Le caratteristiche che, in maniera stereotipata, vengono cucite addosso al ruolo di scienziati e scienziate, invece, strizzano ancora molto l’occhio all’idea di forza, freddezza, abnegazione e cinica ambizione; soprattutto per le ragazze, viene spesso raccontato come la scelta di una carriera scientifica sia il preludio ad una impossibilità di curare altri aspetti della propria vita personale. Questo, oltre a creare un immaginario distorto e poco invitante, pone da subito dei limiti nella capacità di immaginarsi adatta e di aspirare a quel tipo di percorso professionale, che confligge con le aspettative sociali - ancora una volta - ritenute fondamentali per il genere femminile.
Il ruolo dell’insegnante e del genitore
La maggior parte delle convinzioni che abbiamo sulla nostra personalità e sulle potenzialità si forma nei primi anni della vita e nei contesti che frequentiamo maggiormente: a casa e a scuola. Proprio per questo motivo le persone che si prendono cura della nostra crescita ed educazione diventano fondamentali nel processo di affermazione di noi stessi e nella costruzione di una fiducia nelle nostre capacità, soprattutto quando esistono già condizioni di povertà educativa. Uno dei primi, fondamentali, passi per promuovere una maggiore confidenza nelle ragazze e nelle proprie capacità risiede nell’evitare di trasferire su di loro stereotipi culturali e di genere che possano limitare ambizioni e aspirazioni professionali. Ma anche identificare i limiti delle narrazioni esistenti e cambiarle, affinché l’ambiente in cui crescono sia il più possibile adatto a stimolare invece che a confinare.
La carriera scientifica, soprattutto in campi in continua evoluzione come quello ingegneristico che rappresentano una parte importante dell’innovazione, vengono percepiti come a maggior rischio di fallimento o di eccessivo impegno, fattori che siamo più portati a ritenere adatti al carattere maschile. L’educazione a gestire rischi, fallimenti e sfide ambiziose, tuttavia, rappresenta un passo fondamentale nella crescita di bambini e bambine e dona loro gli strumenti per sentirsi adeguati a gestire tutto ciò che incontreranno nel proprio percorso da adulti.
Anche la divisione dei compiti, in casa o a scuola, pone delle sfide non banali: la generalizzazione che spesso vede l’individuazione di ruoli femminili e maschili secondo antichi stereotipi contribuisce a rafforzare l’idea che vi siano azioni non percorribili a seconda del proprio genere. In questo contesto, stimolare bambini e bambine a provare e mettere in pratica ogni tipo di attività che risulti interessante per loro, aiuta a coltivare in loro la consapevolezza della propria inclinazione e possibilità di perseguirla.
Esistono oggi molti strumenti per gestire le fasi educative con un’attenzione maggiore alla dimensione del genere e con la possibilità di creare un immaginario più ricco nel quale, soprattutto le bambine, siano in grado di vedere più opportunità per loro stesse.